La politica come mestiere by Pino Pisicchio

La politica come mestiere by Pino Pisicchio

autore:Pino Pisicchio [Pisicchio, Pino]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Partiti politici
editore: Rubbettino Editore
pubblicato: 2022-02-10T14:24:34+00:00


Votare con la preferenza

Ogni sistema elettorale, abbiamo visto, presenta aspetti di utilità e aspetti di inadeguatezza o, addirittura di pericolosità, a seconda di come lo si valuti. Ricapitoliamo velocemente: il maggioritario con collegio uninominale, che è l’ideale nelle realtà politicamente e culturalmente coese (semmai esistono ancora) a tradizione bipartitica, garantisce il rafforzamento dei governi e la dialettica dell’alternanza perché poggia prevalentemente su due attori. Al contrario, il sistema proporzionale, che nella sua versione pura non tollera neanche soglie di sbarramento, si addice a realtà politicamente e culturalmente frammentate (com’è sempre stata l’Italia e come cominciano a essere un po’ tutti i Paesi democratici). Offre la garanzia di una rappresentanza che fotografa perfettamente la situazione politica del momento e, con il voto di preferenza, mette nelle mani dell’elettore la scelta degli eletti nell’ambito di un bouquet di proposte che tende a essere abbastanza vasto. Entrambe le grandi famiglie di sistemi elettorali, quasi sempre combinate tra loro nelle applicazioni concrete, suppongono, però, l’esistenza di una cosa che non esiste più: il partito politico. Nei collegi uninominali così come nelle liste bloccate, infatti vanno a finire i cooptati dai capi bastone dell’ennesimo brand che ci ostiniamo a chiamare partito ma che è solo un’esile copertura dell’appannaggio personale del leader. Il voto di preferenza in questo contesto dovrebbe aiutare a correggere le storture del sistema, mettendo in comunicazione il popolo con l’eletto. Ma in realtà, mancando il partito, non è più così. Cosa può trascinare, allora, al voto di preferenza? Se il candidato è la superstar nazionale, di quelle che vanno in televisione e che ognuno vuole incontrare per un selfie, il voto è un gesto gregario compiuto in massa che risponde a un bisogno di identificazione con il personaggio più che con il progetto politico. Ma se si tratta di candidati al comune mediamente oscuri di città dove per essere tra i più suffragati si devono mettere insieme centinaia di voti e non migliaia e migliaia, siamo di fronte a un fenomeno sociologico che va studiato. Tutto questo, naturalmente, al netto di patologie degenerative che interessano le procure della Repubblica e non l’analista politico, e che pure sono presenti nella competizione elettorale ma che rientrano nella fattispecie del voto di scambio se non peggio. Scelgo, però, l’interpretazione sociologica e penso che siamo di fronte all’effetto del ridimensionamento dell’asse portante della società democratica, il ceto medio, in via di estinzione, inteso, però, non nella sua accezione «economica» ma essenzialmente culturale. Il ceto medio, che ha fatto grandi e stabili i partiti di massa dell’ultimo Novecento, rappresentava la coscienza critica delle città, la dorsale sociale e politica dell’Italia fino a qualche decennio fa, il riferimento anche per altre fasce elettorali. Oggi la rinuncia della piccola e media borghesia, schiacciata e depauperata, a farsi protagonista della politica, ha rappresentato la conquista del campo da parte di un elettorato fluttuante, disposto ad accettare sollecitazioni semplificate e senza complicazioni di nobiltà programmatica o ideale. È tornato, beninteso nell’accezione non giudiziaria, anche il voto per il piccolo scambio, l’assistenza



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